All’Umberto I° il colore dei figli non conta

Sandra, Nigeriana di 34 anni, ha partorito a settembre David: pesava solo un chilo e 100 grammi e aveva problemi di respirazione. Dopo tanta paura e tante cure, il piccolo ora sta bene: è arrivato a superare i 3 chili. È fuori pericolo. La storia di Sandra è una delle tante che testimoniano la dura esperienza di centinaia di immigrate che, giunte in Italia, mettono al mondo figli sottopeso, prematuri, con gravi malformazioni e addirittura a rischio di mortalità. «Le cause sono da ricercarsi – spiega Mario De Curtis, direttore dell’unità di neonatologia e Terapia intensiva (Tin) del Policlinico Umberto I di Roma – nelle precarie condizioni socio-economiche di queste donne, nella mancanza o scarsi controlli medici durante e dopo la gravidanza, spesso dovuti a carenza di informazioni e alla paura, per le clandestine, di essere denunciate ed espulse». Il punto sulle problematiche che coinvolgono il neonato prematuro dopo la dimissione dall’ospedale e le emergenze pediatriche è stata fatto durante il primo meeting organizzato dal Dipartimento di Pediatria dell’Università La Sapienza di Roma. I nati da madri immigrate rappresentano oggi circa il 13% dei neonati nel Paese (570 mila nel 2008) e più del 20% nel Lazio (dove nascono ogni anno circa 55 mila bambini). In questi ultimi anni in Italia si è verificato un notevole aumento degli immigrati che, secondo le stime del Dossier Caritas/Migrantes, nel 2008 hanno superato i 4 milioni. Questo dato non è più dovuto soltanto ai nuovi arrivi, ma anche alle nascite dei bambini da genitori stranieri, a testimonianza della stabilizzazione delle loro famiglie in Italia. Al Policlinico Umberto I di Roma negli ultimi 10 anni sono venuti al mondo circa 17 mila bambini. Il 22,5% di essi da madri provenienti dall’estero. Una quantità rilevante dei figli di immigrate nati nel Policlinico, pari al 30%, sono a maggiore rischio di prematurità e mortalità intraospedaliera. Il professor De Curtis ha sottolineato che «le leggi del nostro Paese garantiscono pienamente e gratuitamente l’assistenza in gravidanza e le visite urgenti in Pronto Soccorso anche a coloro che si trovano in condizione di irregolarità giuridica, ma purtroppo molte immigrate non lo sanno». Alle clandestine che devono partorire, è stato ricordato, viene assegnato uno specifico permesso e non ne è consentita l’espulsione prima che il bambino abbia compiuto 6 mesi. «Questa norma però ha perso molto del valore che aveva un tempo – ha aggiunto De Curtis – e non viene più richiesta in seguito al decreto sicurezza e all’introduzione del reato di clandestinità». Al termine del convegno gli esperti del Policlinico Umberto I hanno invitato le istituzioni «ad avere più cura dei soggetti deboli della società e, in particolare, dei neonati indipendentemente dalla classe sociale e dalla provenienza».

Assunta Fatone – Fonte: Il Tempo edizione del 20 Gennaio 2010

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