La storia di Edoardo

Edoardo è nato il 22 marzo 2012 alle ore 23 circa, alla fine della 25° settimana di gestazione, nonostante le due operazioni di cerchiaggio cervicale rispettivamente alla 19° e alla 22° settimana cui mi ero sottoposta al fine di prolungare la gravidanza quanto più possibile. In sala parto, quando ormai era chiaro che la sua nascita non avrebbe potuto essere ulteriormente prorogata, mi avevano già preparato al fatto che le sue probabilità di sopravvivenza erano molto scarse.

Appena nato, Edoardo è stato preso dai neonatologi per ricevere le prime, urgenti cure, per cui non mi è stato possibile vederlo. Ho trascorso la prima notte e molte delle successive con il terrore di ricevere una telefonata in cui mi comunicavano che non ce l’aveva fatta.

Il giorno dopo il parto, insieme a mio marito, mi sono recata presso la terapia intensiva neonatale, dove ho visto il piccolo per la prima volta. La sorpresa è stata tanta: Edoardo, che pesava 875 grammi ed era lungo 37 centimetri, aveva la pelle sottilissima di colore quasi rosso ed era assolutamente minuscolo. Era nell’incubatrice, sotto una “copertina” di cellophane che lo teneva ancora più al caldo ed era monitorato costantemente, oltre che dai medici e dalle infermiere, da sofisticati macchinari che suonavano in continuazione e che nei mesi successivi ci sarebbero diventati, nostro malgrado, familiari. Si era incredibilmente tolto da solo l’intubazione durante la notte e respirava con l’ausilio delle naso-cannule. I medici ci hanno subito spiegato che la situazione era tuttavia particolarmente difficile a causa della grave prematurità del bambino: in particolare, i problemi che avrebbe dovuto affrontare erano legati alla respirazione, all’alimentazione e al rischio di contrarre infezioni, dato il suo scarsissimo, se non assente, sistema immunitario; vi era il rischio che si formassero emorragie celebrali ed eravamo stati avvisati che avremmo dovuto attenderci, a fronte dei progressi che Edoardo avrebbe fatto, dei momenti di stallo o addirittura dei piccoli regressi.

La prima settimana è andata abbastanza bene: il bambino era “stabile”, termine questo con cui abbiamo dovuto fare amicizia durante le prime settimane di vita del piccolo. A una settimana dalla nascita, ho avuto inaspettatamente la possibilità, per la prima volta, di provare la marsupio-terapia: Edoardo è stato portato fuori dall’incubatrice e messo sul mio petto, la sensazione più bella ed emozionante che potessi provare.

Le settimane successive sono state molto difficili, a causa di un’infezione e di un fungo contratti da Edoardo che lo hanno indebolito molto. Con mio grandissimo dispiacere, per un periodo abbastanza lungo, non ho potuto stringere Edoardo tra le mie braccia in attesa che superasse il momento di difficoltà. In questa fase, che ci sembrava non finisse mai, Edoardo non cresceva: il giorno del suo primo “complemese” ancora non aveva raggiunto il chilo, da noi tanto sospirato.

A distanza di poco più di un mese dalla nascita, periodo in cui ha alternato la respirazione “libera” e quella con l’ausilio delle naso-cannule, e dopo una trasfusione, Edoardo è stato trasferito in terapia sub-intensiva.

Le cose da quel momento si sono fatte più “facili” ed Edoardo ha iniziato a crescere con continuità: la maggiore difficoltà di questa fase è stata quella di iniziare l’alimentazione con il biberon, in quanto fino a quel momento Edoardo era stato nutrito mediante il gavage: come previsto dal capacissimo personale del reparto, a un certo punto il piccolo si è sbloccato e quando, a distanza di 3 mesi dalla nascita, è arrivato a casa era già il mangione che mentre scrivo queste righe reclama la sua pappa.

Il periodo trascorso in sub-intensiva è stato il più bello: le bravissime infermiere mi hanno insegnato tantissimo e mi hanno incoraggiato a provare ad allattare al seno Edoardo: solo grazie a loro, una volta a casa, ho potuto provare questa immensa gioia.

I tre mesi passati in reparto sono stati spaventosi, ma allo stesso tempo bellissimi: vedere il mio bambino, che era stato dato quasi per spacciato al momento del parto, crescere nelle mani sapienti dei bravissimi medici del reparto e circondato, come del resto tutti gli altri bambini, dalla professionalità e dall’affetto delle infermiere, è stata l’esperienza più straordinaria della mia vita.

Non dimenticherò mai nessun momento trascorso in reparto e sarò sempre grata per tutte le delucidazioni e le spiegazioni ricevute anche quando le mie domande erano scontate o ripetitive e per i sorrisi e le parole di incoraggiamento di cui  tutti sono stati prodighi.

Edoardo adesso è uno splendido bambino di sei mesi; ha dimostrato senza dubbio di essere un bambino forte e tenace, ma non credo che se fosse nato altrove ce l’avrebbe fatta. Non c’è un giorno in cui mio marito e io non ripensiamo con gratitudine, affetto e stima a tutte le persone che, svolgendo con professionalità, serietà, competenza e passione il loro splendido e importantissimo lavoro, hanno salvato Edoardo, consentendoci di vivere la grande gioia di essere genitori.

Elisabetta e Karim

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